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Il colesterolo basso è uno dei fattori predittivi biologici del pericolo di suicidio. In chi è già a rischio, è collegato all’ideazione suicidaria, perché induce alterazioni nel metabolismo di trasmettitori cerebrali, come la serotonina, fondamentali per gestire aggressività e impulsività. Ne discutono i massimi esperti riuniti al Convegno Internazionale di Suicidologia, in corso a Roma e organizzato da Sapienza Università di Roma con il supporto incondizionato della Fondazione Internazionale Menarini.

Colesterolo basso si associa a un aumento del rischio di suicidio

Lo dimostra uno studio italiano, recentemente pubblicato su Frontiers in Psychiatry e condotto su oltre 600 persone, secondo cui chi ha il colesterolo basso e soffre di disturbo bipolare ha una maggior probabilità di tentare il gesto estremo, scegliendo per di più strategie particolarmente letali. I dati aiutano a individuare un fattore di rischio biologico che potrebbe essere utile in chiave di prevenzione.

Roma, mercoledì 18 settembre 2019 – Quando il colesterolo è in eccesso, aumenta il rischio di infarti e ictus. Ma se è basso, è associato a un incremento della probabilità di tentare il suicidio, poiché può far ‘saltare’ un freno all’aggressività e all’impulsività a livello cerebrale. Lo dimostra uno studio italiano presentato al Convegno Internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica, organizzato dal Servizio per la Prevenzione del Suicidio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma e con il supporto incondizionato della Fondazione Internazionale Menarini. I risultati, recentemente pubblicati su Frontiers in Psychiatry, rivelano che avere livelli di colesterolo sotto il valore soglia di normalità di 200 mg/dl, si associa a una maggiore probabilità di sviluppare comportamenti suicidari in soggetti a rischio, in particolare se tutto il quadro lipidico di colesterolo e trigliceridi è sbilanciato verso valori bassi. Ciò è dovuto, in primo luogo, ad alterazioni del metabolismo di alcuni neurotrasmettitori cerebrali indotte dai bassi livelli del quadro lipidico: correggerli, quindi, può contribuire a ridurre il pericolo di un gesto estremo.

Il nuovo studio è stato condotto su 632 persone, fra cui 432 che avevano tentato il suicidio, arrivate al Pronto Soccorso dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova nell’arco di cinque anni, dal 2013 al 2018. “A tutti sono stati misurati diversi parametri clinici, fra cui i livelli di colesterolo, trigliceridi e proteina C reattiva plasmatica, indicativa di infiammazione”, racconta Mario Amore, coordinatore dell’indagine e Ordinario di Psichiatria presso l’Università di Genova Policlinico San Martino. “Abbiamo così verificato - prosegue - che c’è una correlazione significativa fra bassi livelli di colesterolo totale e probabilità di tentare il suicidio, in particolare attraverso tentativi ad alto grado di letalità e che quindi comportano un intervento medico più intensivo al fine di salvare la vita della vittima. Gli altri parametri risultati connessi con questi gesti estremi sono una diagnosi di disturbo bipolare e la presenza di livelli più alti di proteina C reattiva nel sangue”. Secondo i dati raccolti dalla metanalisi, inoltre, i tentativi di suicidio si associano anche a valori inferiori di colesterolo LDL, HDL e di trigliceridi totali: un profilo quindi in cui c’è uno squilibrio verso il basso di tutte le componenti lipidiche.

“Il colesterolo è una molecola essenziale per il nostro organismo, serve infatti alla sintesi delle membrane cellulari e di molti ormoni; diventa dannoso e aumenta il rischio cardiovascolare quando è in eccesso”, precisa il Presidente del Convegno Maurizio Pompili, e Ordinario di Psichiatria alla Sapienza e Responsabile del Servizio per la Prevenzione del Suicidio del Sant’Andrea di Roma. “E’ noto – aggiunge - che bassi livelli di colesterolo possono aumentare l’infiammazione a livello del sistema nervoso centrale e soprattutto alterare il sistema di trasmissione della serotonina, un neurotrasmettitore fondamentale per il controllo dell’aggressività e dell’impulsività: il colesterolo è infatti cruciale per la stabilità delle membrane cellulari e se non è presente in quantità sufficienti la superficie delle cellule cerebrali risulta alterata nella sua micro-viscosità. Questo modifica di conseguenza anche la capacità di rispondere alla serotonina, riducendone gli effetti e portando così a una minore soppressione di istinti impulsivi e violenti come i tentativi di suicidio”. L’ipotesi è confermata peraltro dalla scoperta, nel nuovo studio italiano, che i livelli bassi di colesterolo sono associati soprattutto a gesti estremi particolarmente letali, come un avvelenamento con dosi molto elevate di farmaci, indicativi proprio di un consistente ‘deragliamento’ del controllo dell’aggressività. “Questi dati aiutano a capire meglio la neurobiologia che sottintende ai tentativi di suicidio e potrebbero essere utili per la prevenzione. Il colesterolo basso, in soggetti ad alto rischio di suicidio perché per esempio affetti da un disturbo bipolare, potrebbe diventare un elemento da ‘correggere’ per ridurre il pericolo di un gesto estremo”, conclude Pompili.

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